Questo vuol dire che l’Italia invecchia a velocità record e fra 25 anni un italiano su 3 sarà over 65.
Come lo immagini il 2040? La risposta più giusta è “vecchio”. Dalle proiezioni Istat infatti emerge un dato significativo riguardo il dividendo demografico, cioè la differenza tra il tasso di crescita della popolazione in età da lavoro e la popolazione totale del nostro paese. Nel 2040 in Italia ci saranno quasi 19 milioni di cittadini con 65 anni e più. Questo trend non riguarda soltanto il nostro Paese ma tutta l’Europa anche se da noi si rilevano livelli un po’ più alti (al 28% dell’Europa fa seguito il 33% dell’Italia).
L’ incremento della spesa previdenziale e assistenziale sarà davvero rilevante considerata anche l’attuale assenza di politiche atte a garantire l’occupazione alla fascia di lavoratori over 55.
Oggi quelli che noi definiamo comunemente giovani, cioè i cittadini dai 15 ai 34 anni sono 5 milioni e 77 mila. Vent’anni fa erano 7,6 milioni. Questa riduzione si spiega da un lato con la riduzione di nascita ma anche con la partenza di molti giovani a causa della crisi lavorativa. Negli ultimi 20 anni un giovane italiano su 4 è praticamente svanito nel nulla! D’altra parte, gli anziani invece crescono e registrano in Italia una presenza sempre più forte anche nel mercato del lavoro perché si sta alzando l’età pensionabile. I lavoratori tra i 55 e i 64 anni stanno reagendo alla crisi e stanno trovando nuove occupazioni: questa fascia di età ha registrato la migliore performance occupazionale di sempre.
Quali strade ci sono nel futuro della Italia? Esistono tre direzioni possibili e complementari: da una parte allungare gli anni di vita lavorativa, poi aumentare la partecipazione femminile e al tempo stesso incrementare i livelli di istruzione generale oltre naturalmente a una presa di coscienza culturale agevolata da politiche a sostegno della natalità.
Oggi però si sta percorrendo una strada ben diversa fatta di politiche che cercano di anticipare il pensionamento dei lavoratori, pensiamo a Quota100, agli scivoli o ai prepensionamenti.
L’ideale sarebbe passare da politiche di uscita a politiche di accompagnament
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