di Stefania Bordignon

Stiamo vivendo una situazione inedita: il mondo sotto scacco di un nemico dalle dimensioni microscopiche e in grado di condizionare le nostre esistenze.

Timori, dubbi, tante domande.

La parola che rimbalza più che mai in questi giorni è la paura: una condizione emotiva negativa ma utile alla sopravvivenza che ci spinge ad attivare meccanismi che ci consentono di difenderci e di adattarci alle situazioni.

Da settimane le cronache si occupano del Coronavirus e tutti i canali mediatici e gli organi di informazione ci propongono a tempo pieno aggiornamenti devastanti sia sul fronte sanitario che economico.

Così come la paura può comparire di fronte ai rischi e permettere di mettersi in salvo, può anche dare luogo a comportamenti più complessi e meno razionali.

Le persone sono spaventate e, per placare questo stato d’animo, cercano rifugio nei porti sicuri.

Si avverte un forte bisogno di conforto e incoraggiamento, un bisogno di poter contare sui capisaldi della nostra società e della nostra cultura per sentire di essere ancora parte di una rete nonostante le distanze, per sentire di non perderci in questo mare tempestoso.

Per primo il Governo ha compreso questo aspetto che con il Dpcm 11 marzo 2020 e i suoi aggiornamenti, oltre a varare ulteriori misure sempre più restrittive in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, continua a garantire i servizi di primaria importanza per il proseguimento della vita del Paese.

Tra questi i servizi assicurativi in quanto ritenuti dal Presidente del Consiglio “a supporto della società, persone e attività produttive”.

Le compagnie assicurative ricoprono nella società un ruolo di tutela e di presa di cura delle persone proprio nei momenti di maggior difficoltà, insicurezza ed incertezza.

È il consulente assicurativo che cura il rapporto con il Cliente facendogli sentire la sua presenza, infondendo fiducia, dando la serenità di poter contare su una rassicurante figura professionale.

In tempi di pandemia succede ai medici che sono i primi ad essere ascoltati per orientare comportamenti individuali e di massa.

Succede anche ai giornalisti e agli esperti di economia e finanza. Ma non tutti indistintamente.

Se nell’ordinario la teoria per cui la voce di uno vale quella di un altro, in epoca di crisi, quando la posta in gioco è alta e di conseguenza l’attenzione di tutti più sollecitata, la ricerca di preparazione e professionalità sembra, se non altro, interessare un numero maggiore di persone.

Nel settore assicurativo ad esempio, non può esserci un’unica e generica soluzione valida per tutti.

Ognuno ha una storia diversa con obiettivi, disponibilità, propensione al rischio e orizzonti temporali diversi. Anche le reazioni di fronte alla realtà che stiamo vivendo sono diverse. In un momento critico come questo il consulente con il suo ruolo di “architetto delle scelte”, per dirla alla Richard Thaler, ha la capacità di inquadrare razionalmente le necessità, i fatti e ricondurli alla soluzione migliore per ognuno.

I periodi di emergenza, come è certamente questo, offrono alle persone competenti un’opportunità: mostrare a un pubblico, diventato improvvisamente numeroso e attento, cosa distingue un improvvisatore da chi non lo è.

Questo è un tempo apparentemente di immobilità, ma per non farci risucchiare da questo vortice di fermezza dobbiamo fin da subito agire un ricalcolo delle nostre vite e stendere un nuovo planning per il nostro futuro.

Scegliere con cura gli specialisti che hanno la stoffa giusta è il primo passo per un futuro migliore.

Stefania Bordignon 

Laureata in Scienze Umane, indirizzo Scienze dell’Educazione e della Formazione.