Un quinto dei titoli emessi sprofonda a tassi negativi. Mentre le banche centrali condizionano l’andamento del mercato e gli acquisti.

E pensare che solo 10 anni fa i Bond sottozero non esistevano. Oggi invece il valore dei Bond che esprimono tassi negativi è vicino a quota 12mila miliardi di dollari. La situazione aveva toccato il suo apice nel 2016 quando la massa dei Bond sottesero si affidò a 121.168 miliardi: la situazione nel 2016 raggiunse un picco memorabile e poi andò lentamente migliorando fino a raggiungere livelli di normalità. Oggi però stiamo ritornando vicino al record negativo e questi Bond che non generano interessi ma anzi causano spese si stanno moltiplicando a vista d’occhio.  I motivi per cui oggi chi compra un titolo si trova a pagare l’emittente invece di ricevere interesse sono vari, da una parte la guerra dei dazi che alimenta la volatilità dei mercati, dall’altra l’atteggiamento delle banche centrali.

La caduta dei tassi ha coinvolto anche l’Europa, registrando nuovi record negativi in Spagna (0,55), in Portogallo (0,62). In Italia i benefici di questa situazione (ovvero la possibilità di finanziarsi a tassi più bassi) vengono colti soltanto in parte anche perché i Btp non coinvolgono del tutto viste le incertezze che la nuova legge di bilancio si sta portando dietro. I tecnici prevedono che la prossima recessione potrebbe arrivare entro 5 anni sia in Europa che negli Stati Uniti. Con queste premesse, le aspettative di inflazione scendono all’1,23%: è il dato più basso da quando esiste l’Eurozona.

Chiaramente le prospettive di un’inflazione in calo determinano un rallentamento generale dell’economia e quindi finiscono con essere un’ulteriore causa della riduzione dei tassi dei bond. Pare proprio che l’Europa si avvii a vivere la situazione di liquidità in trappola con cui il Giappone si confronta da oltre 20 anni.